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06-ottobre-2025
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Ci raduniamo per rifondare il mondo

Li avete sentiti? Sono i passi che riecheggiano sincroni in ogni angolo d'Italia. Sono i corpi che occupano le piazze. Venerdì due milioni. Sabato un milione, in una sola città. Non sono numeri. Sono un terremoto. Sono la prova che le fondamenta di questo sistema stanno vacillando verso il crollo.

L'Italia non sta protestando. Si sta risvegliando.

È la nuova coscienza collettiva che prende forma, palpabile, elettrica. E tutto il mondo ci guarda. In queste piazze non c'è solo la rabbia per un genocidio insostenibile, insopportabile. C'è il rifiuto totale, la delegittimazione definitiva di chi pretende di imporci dall'alto le sue scelte. La sovranità appartiene al popolo, non al governo. E il popolo, finalmente, se la sta riprendendo.

Ma attenzione. Questo è solo l'inizio.

Mark Fisher ci ha insegnato che il potere del dominio non sta solo nelle sue strutture, ma nella sua psicosi: il “realismo” è l'idea paralizzante che non ci sia alternativa. Che Israele non possa essere fermato. Che questo sia l'unico mondo possibile.

Ebbene, in queste giornate, abbiamo iniziato a sgretolare quel realismo.

L'inevitabilità del presente si sta squarciando. Quella voce interiore che diceva “non si può cambiare nulla” sta morendo, sostituita da un coro sempre più grande che urla “un altro mondo è possibile”.

Questo risveglio è la conseguenza di un mondo che ha esaurito ogni credibilità e che, ora più che mai, abbiamo il compito di rifondare.

Perché è questo il primo, necessario, irrinunciabile atto di fondazione: l'immaginazione.

Nell'epoca del realismo dell'apocalisse, immaginare il mondo che verrà significa fornirci di una speranza iperstizionale capace di gonfiare le vele di una rivoluzione in crescita. Significa incantare i cuori con la bellezza di un mondo non solo libero dal sionismo, ma libero dalla sofferenza quotidiana che ci portiamo addosso come una seconda pelle.

La sofferenza di dover lavorare dalla mattina alla sera. Di dover pagare per l'aria che respiriamo, metaforicamente e non: affitto, cibo, farmaci, bollette, trasporti. Tutto è a pagamento in un mondo che ha messo un prezzo perfino alla città di Venezia, mentre mangiamo microplastiche e moriamo di depressione stritolatɜ da una vita senza più tempo libero.

Siamo atomizzatɜ e solɜ, in città di cemento che d'estate diventano forni, uccidendo lɜ anzianɜ che questa società abbandona alla povertà, alla malattia e a una solitudine che è una prigione. Una solitudine che conosciamo tuttɜ, e che diventa tortura per lɜ detenutɜ nelle carceri italiane, fabbriche di suicidi.

È un mondo così brutto che persino gli animali vivono un olocausto perpetuo negli allevamenti intensivi.

E il paradosso più atroce? Viviamo tutto questo nel momento di massimo sviluppo tecnologico della storia. Siamo andatɜ sulla luna, abbiamo automatizzato la produzione, creato reti globali e intelligenze artificiali. Eppure, siamo costrettɜ a una vita di stenti e sudditanza. Non c'è alcun motivo, nessuna legge fisica che ci condanni a questo.

La verità, al di là della cornice bugiarda del realismo capitalista, quella verità che abbiamo respirato nelle piazze oceaniche per la Palestina in questi giorni, è che il futuro che potremmo avere è possibile. È un futuro di libertà, di gratuità e solidarietà. Di tempo libero e cura.

Questo futuro è a portata di mano. Sta a noi immaginarlo collettivamente, con una forza tale da farlo diventare realtà. Come un'iperstizione: una credenza che, per il solo fatto di essere condivisa con potenza, si materializza.

In queste piazze, sentiamo pulsare ciò che Marx chiamava il nostro "essere-specie". Una grande comunità universale che si sente, si mobilita e agisce per se stessa. Siamo un unico popolo, dalla resistenza della Palestina alle proteste in Marocco, Algeria e Madagascar di questi giorni, dal Nepal fino alle Filippine e allo Srilanka, dall’Ecuador alla Francia fino al nostro Paese: siamo lo stesso unico grande popolo che, in questo importante momento del XXI secolo, alza la testa insieme.

Non vogliamo rattoppare questo mondo in putrefazione. Vogliamo, dalle sue ceneri, rifondare un mondo nuovo.

Per questo il 25 e 26 ottobre ci raduniamo a Roma, allo spazio Acrobax: sarà il Terzo Raduno Translocale della Sinistra Accelerazionista. Per connettere il nostro sentire utopico che ci pulsa nel petto. Per dare un nome forte al nostro desiderio, partendo dal sentimento della nostra epoca che Mark Fisher ha saputo evocare. Per sentirci comunità insieme.

Ci raduniamo per fare il primo passo: immaginare insieme una vita bella da vivere insieme.

Ci raduniamo per rifondare il mondo.

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PS: informazioni più dettagliate sul programma del raduno arriveranno prossimamente.



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