[Vi proponiamo la nostra traduzione di Excape Velocities, articolo scritto da Alex Williams nel giugno 2013 e disponibile nella sua versione originaria qui]
Nei primi anni del XXI secolo è emerso un rinnovato interesse per le idee teoriche che interessano il concetto di accelerazione. La figura chiave di queste discussioni è stato il filosofo britannico Nick Land. Il termine "accelerazionismo", a sua volta coniato da Benjamin Noys (in stile propriamente critico), ne svela qualche elemento di comprensione. Come lo definisce Noys, l'accelerazionismo descrive alcune posizioni libertarie post-marxiste (L’Anti-Edipo di Deleuze e Guattari, Libidinal Economy di Lyotard e il Baudrillard della metà degli anni '70). Secondo Noys,
"[Tali pensatori] replicano alla tesi di Marx secondo cui «la vera barriera della produzione capitalistica è il capitale stesso», sostenendo che dobbiamo sfondare questa barriera rivolgendo il capitalismo contro se stesso. Esprimono una variante esotica della politique du pire: se il capitalismo genera le proprie forze di dissoluzione allora la necessità è radicalizzare il capitalismo stesso: peggio è, meglio è. Possiamo chiamare questa tendenza accelerazionismo."
È Land che ha esemplificato, e anzi esacerbato, questa strategia del "peggio è, meglio è" fino a portarla a nuove vette di perversione malata negli anni '90. Ma ciò che ci interessa non sono tanto le questioni di genealogia concettuale quanto piuttosto la risurrezione di quest'idea: che cos'è oggi l'accelerazionismo?
Al momento vi sono una miriade di nuove idee che operano sotto questa rubrica, che vanno dalla teoria tecno-politica post-capitalista, al design fantascientifico speculativo cosmico, alle epistemologie razionaliste universali. È probabile che questo ritorno alle idee di accelerazione sia da contestualizzare alla nostra attuale condizione di decadimento politico, economico e culturale. E sebbene le idee di Land su cosa debba essere accelerato, e in cosa consista l'accelerazione, siano state superate, tali riferimenti, ora esistenti a più livelli (epistemico, ontologico, politico, cosmologico) potrebbero ora venire schierati più direttamente contro lo spettro di un ordine neoliberista ingrigito, obeso, eppure ancora egemonicamente retto.
In questo, anche il ruolo dell'estetica deve cambiare. Infatti, mentre nello schema di accelerazione di Land l'estetica è sia onnipresente che priva di autonomia, in questa nuova concezione l'estetica può arrivare ad assumere un ruolo più indipendente e causalmente significativo.

Nick Land è stato tra i pensatori più preveggenti del capitalismo in ascesa a metà degli anni '90. Il suo lavoro combinava la cibernetica di Norbert Weiner con l'emergente filosofia libidica deleuzo-guattariana, la scienza della complessità, la cultura rave britannica e la pulp fiction cyberpunk, per generare una sorta di reductio ad absurdum psichedelica e nera come la pece dell'ideologia neoliberista. La chiave del pensiero di Land è stata un'idea che egli ha tratto dall'opera Capitalismo e Schizofrenia di Deleuze e Guattari: il capitalismo differisce dalle precedenti formazioni sociali in quanto opera attraverso processi di deterritorializzazione, che lavorano per liberare le dinamiche inibite della creatività, precedentemente accuratamente imprigionate in tabù primitivi o dispotici. Land ha dirottato questa schematizzazione, fino a produrre un implicito pro-capitalismo disumano. Deleuze e Guattari hanno chiesto:
"Ma quale via rivoluzionaria? … Ritirarsi dal mercato mondiale? … Oppure andare in senso contrario? Cioè andare ancora più lontano, nel movimento del mercato? … Non per ritirarsi dal processo, ma andare più lontano, «accelerare il processo»."
A questa domanda Land ha risposto affermativamente. Laddove Deleuze e Guattari alla fine consigliavano cautela, ovvero accelerare con attenzione al fine di evitare la distruzione totale, Land ha favorito un processo assoluto di accelerazione e deterritorializzazione, identificando il capitalismo come l'agente ultimo della storia. Come dice Land, «il capitalismo non ha limiti esterni, ha consumato la vita e l'intelligenza biologica, [ed è] vasto oltre l'aspettativa umana». Qui, la deregolamentazione, la privatizzazione e la mercificazione del capitalismo neoliberista serviranno a distruggere ogni stratificazione all'interno della società, generando nel processo novità inaudite. La politica e tutta la morale, in particolare quella di sinistra, sono un ostacolo a questo processo storico fondamentale. Land aveva una convinzione ipnotizzante che la sola velocità capitalista potesse generare una transizione globale verso una singolarità tecnologica senza precedenti. In questa visione del capitale, anche l'umano stesso può alla fine essere scartato come mero strascico verso un'intelligenza planetaria astratta che si auto-costruisce rapidamente dai frammenti recuperati dalle civiltà precedenti. Secondo Land, attraverso l'accelerazione del capitalismo globale l'essere umano sarà dissolto in un'apoteosi tecnologica, sperimentando effettivamente un suicidio a livello di specie quale ultimo stimolante stordimento confusionale.
Per quanto bizzarro possa sembrare alle orecchie dei giorni nostri, questo tipo di pensiero ha avuto un certo senso contorto negli anni '90. Questo era il decennio successivo al crollo del comunismo di quell’epoca, quando il capitalismo si ergeva completamente incontrastato, quando Francis Fukuyama stava dichiarando "La fine della storia". Con l'espansione della cultura digitale e l'adozione diffusa delle tecnologie Internet, tecno-utopisti come Kevin Kelly annunciavano l'avvento di una nuova era sociale ed economica. E mentre gran parte della cultura era già impantanata in manovre retrograde, la musica dance underground incarnava pienamente la visione fantascientifica disumana di Land, soffusa di innovazioni sonore aliene, contorta in un'euforia paranoica apocalittica. Come ha affermato lo stesso Land, questa era «l'imminente estinzione umana che diventava accessibile come una pista da ballo», una via privilegiata (insieme alla produzione di teoria e all'ingestione di narcotici acceleranti) in cui l'irrappresentabile velocità del capitalismo disumano poteva essere sperimentata dai singoli umani. Era un'alienazione piacevole, da desiderare perversamente.

Ma se la visione furiosamente nichilista di Land dell'accelerazione capitalista globale aveva senso nei fervidi anni '90, ha meno senso oggi. Una ragione di ciò è che lo schema accelerazionista di Land rifiuta la politica come un'escrescenza sentimentale, intesa semplicemente per gonfiare l'ego incontinente dei liberali bagnati e dei deboli marxisti. Almeno per conto di Land, la pura forza acceleratrice dell'innovazione capitalistica da sola dovrebbe essere sufficiente a guidare il cambiamento rivoluzionario. Ma, come hanno riconosciuto Deleuze e Guattari, ciò che la velocità capitalista deterritoriazza con una mano, riterritorializza con l'altra. La modernizzazione sociale si incrosta nei resti kitsch del nostro passato comunitario, poiché la deregolamentazione thatcherita-reaganiana si colloca comodamente accanto alla famiglia pseudo-vittoriana e ai valori religiosi. Esiste una profonda tensione all'interno del capitalismo neoliberista, tra la sua immagine di sé come veicolo singolare della modernità, e la realtà un po' misera che di fatto è in grado di fornire. Lungi dal dissolvere il sociale nell'acido universale dell'accelerazione ipertecnologica, oggi il meglio che possiamo sperare è un gadget di consumo marginalmente migliorato, in uno sfondo di inerzia politica, iperstasi culturale, collasso ecologico e una crescente crisi delle risorse. Il progresso tecnologico, più che cancellare il personale, si è quasi interamente edipizzato, sempre più concentrato a sostenere il soggetto individuale liberale. Lo stesso agente che Land ha identificato come il motore di un’innovazione immensa si è esaurito. Questa è un'alienazione di un tipo fin troppo familiare e che induce noia, piuttosto che una successione freddamente elettrizzante di shock futuri. Tutto ciò apre di nuovo uno spazio alla politica: se desideriamo una formazione sociale radicalmente innovativa, il capitale da solo non ha niente da offrirci.
Inoltre, da una prospettiva filosofica, l'accelerazionismo landiano appiattisce le distinzioni reali del mondo in un sistema rozzamente univoco. La conseguenza chiave di ciò è l'incapacità di delimitare le differenze tra pensare ed essere, riducendo il razionale all'ontologico. A questo proposito, Land segue Deleuze e numerosi altri filosofi del processo. Come ha sostenuto Ray Brassier, questo porta a uno scenario in cui, poiché la differenza è ciò che in definitiva sostiene la realtà dell'essere, e il pensiero è semplicemente una differenza nell'essere, tutto ciò che è, in una certa misura, pensa. Emerge così un panpsichismo precritico, incapace di spiegare adeguatamente lo statuto del pensiero razionale logico o normativo. Con Land, questo problematico antirazionalismo sfocia infine in un'elisione non solo del pensiero e dell'essere, ma anche dell'ontologico e dell'estetica. Anche la teoria stessa diventa un mero stimolante, al di fuori di ogni riferimento alla verità esterna, capace solo di inculcare uno stato affettivo che consente un accesso limitato per i singoli soggetti al divenire ultracomplesso del capitale-come-sistema-intelligente-divoratore-del-mondo. Questo processo lascia la teoria di Land disancorata e incapace di giustificarsi, se non forse attraverso un investimento nietzscheano nella "forza" dello stile letterario, l'attrazione libidica del testo stesso.
Sul piano della meccanica dell'accelerazione, Reza Negarestani ha proseguito la critica secondo cui la posizione landiana, fondata su una concezione di efficacia macchinica, è costitutivamente incapace di generare il tipo di dinamica teleologica apocalittica da lui immaginata. Il futuro singolare di Land dipende da un sistema sottostante di autoaccrescimento capitalistico, che in ultima analisi poggia su un paradigma algoritmico di computazione ricorsiva. Seguendo la critica del filosofo della scienza Giuseppe Longo, tutti i sistemi computazionali funzionano secondo un'architettura operativa discreta, costruita a partire da istruzioni individuali, affine alle fasi di una ricetta, e questa concezione discreta e finita del tempo è decisamente inadeguata a corrispondere i processi continui che troviamo in natura. Oltre ai processi discreti, i sistemi computazionali mostrano anche una quantizzazione grezza in termini di misurazione. Quando i computer vengono utilizzati per modellare sistemi naturali complessi (ad esempio, neurologia umana o sistemi meteorologici) le sottili differenze nelle condizioni di partenza vengono semplificate, occluse in un arrotondamento "a blocchi" o "pixelati". Nei sistemi complessi, i processi di feedback non lineari portano differenze anche infinitesimali nelle condizioni iniziali che generano risultati molto divergenti nel tempo. La natura continua della realtà sfugge alla comprensione quantizzata del nostro attuale paradigma computazionale, e quel paradigma è al centro del meccanismo di accelerazione di Land: un processo cumulativo unidirezionale di amplificazione algoritmica.
Un'ultima linea di problematizzazione per il programma accelerazionista landiano riguarda le sue presunzioni relative al significato del concetto di libertà. In comune con molto del pensiero liberale e neoliberista, Land concepisce una libertà primaria suscettibile di essere inibita da varie forme di struttura. Sebbene si distingua per il suo rigoroso disumanesimo (rispetto, diciamo, a un liberale classico come Locke) mantiene un interesse per una libertà meramente negativa: la libertà del capitale dall'intervento dannoso (e fuorviante) dell’essere umano. Si tratta, tuttavia, di ignorare del tutto il dominio più ricco e suggestivo della libertà positiva. È in questo senso che Land confonde la velocità con l'accelerazione. Potremmo muoverci velocemente oggi, ma solo all'interno di un insieme rigorosamente definito di parametri capitalistici che di per sé non vacillano mai. In quanto tale, l'accelerazionismo landiano è bloccato in un registro meramente dromologico, un aumento localizzato dell'intensità, piuttosto che un regime più propriamente accelerativo in grado di navigare oltre l'assiomatica capitalista in ultima analisi stordente dell'accumulazione per l'accumulazione. Queste critiche alla posizione landiana costituiscono collettivamente la base per una nozione riformattata, aggiornata e completamente aggiornata di cosa possa significare l'accelerazionismo.

Per cominciare dall'ultima e più significativa di queste critiche, ciò che deve legare insieme nuovi approcci accelerazionisti altrimenti divergenti è un progetto prioritario di libertà. In questo senso, l'accelerazionismo oggi si è avvicinato ad una prospettiva classicamente kantiana: libertà consistente nel seguire regole (razionali-normative) per liberarsi dagli impulsi pulsionali. Questo è ciò che Brassier descrive come una "conquista culturale", l'erezione di un ordine artificiale di imperativi razionali e governati da regole che consentono un'evasione di impulsi sempre più modulati e manipolati. Contrariamente alle concezioni libertarie e puramente negative della libertà, la tirannia della pulsione, dell'impulso, dell'emozione e dell'affettività può essere soppiantata solo nella misura in cui tali fenomeni libidici sono tenuti a freno dal funzionamento formalizzato della ragione, un non-naturale, sintetico edificio, una costruzione positiva sviluppata di fronte a un universo che altrimenti ci lascerebbe schiavi dell'istinto più basso. Ciò che distingue questa posizione da un mero rigurgito dei familiari tropi illuministi è un prometeismo massimale ma rigorosamente disumano. È questo resoconto prometeico disumano della libertà che intreccia i tessuti disparati dell'accelerazionismo epistemico, politico e cosmico. Come l'accelerazionismo epistemico genera nuovi modi di pensare e nuovi corpi di conoscenza, così l'accelerazionismo politico genera nuovi sistemi sociali ed economici per incarnare, esprimere e capitalizzare queste conquiste razionaliste. Le nostre capacità epistemiche e causali si espandono di pari passo, alla maniera di un cricchetto.
I pensatori gemelli dell'accelerazionismo epistemico sono Ray Brassier e Reza Negarestani. L'accelerazionismo in questa veste è il progetto di massimizzare la capacità razionale - i contenuti della conoscenza del mondo - e consentire la ramificazione dello spazio concettuale della ragione. Sia per Brassier che per Negarestani, questo processo procede attraverso l'alienazione. Per Brassier ciò è dovuto a un'identificazione diretta dei processi di scoperta scientifica con il nichilismo. L'Illuminismo al contrario, invece di comportare un'edificante rassicurazione dell'ordine umanistico, modifica gradualmente ma irreparabilmente l'immagine manifesta di noi-stessi-nel-mondo, spogliando le confortanti omelie dell'umanesimo per rivelare, in stile Terminator, le ossa luccicanti del soggetto vuoto, formalista e razionale che giace disteso nell'opera di Wilgrid Sellars.
Per Negarestani, l'accelerazione epistemica consiste nel generare nuovi modi di navigare concettualmente. Questa comprensione spazializzata e geometrica del comportamento concettuale enfatizza gli aspetti creativi del pensiero, concentrandosi sulla scoperta concettuale e sulla transizione abduttiva, al di là della parsimonia analitica. Questo moderno sistema di conoscenza, molto ispirato dal lavoro recente nella filosofia sintetica della matematica, è guidato dalle opportunità di costruire connessioni, facendo bootstrap da orizzonti locali di conoscenza e tracciando i percorsi che esistono verso orizzonti concettuali più globalizzati. In questo senso, il progetto di Negarestani è quello che sostiene un pensiero "fedele all'universo", che lega le prospettive disuamane traumatiche e vertiginose che il pensiero scientifico e matematico fornisce al soggetto razionale. Questa rivoluzione "da e per l'aperto" non dà la priorità né al globale rispetto al locale né al locale rispetto al globale, ma piuttosto alla loro interconnessione reciproca, al loro potenziale di perforazione e alle loro possibilità di trapianto o transizione. Considerato nella prospettiva di un resoconto epistemologico dello spazio concettuale, si tratta di operare, sotto l'ingiunzione razionale, per mezzo dell'esplorazione, sia pure di tipo necessariamente traumatico. L'accelerazione epistemica consiste quindi nell'espansione e nell'esplorazione delle capacità concettuali, alimentate dalle nuove conoscenze tecno-scientifiche, che sfociano nel continuo ribaltamento del soggetto umanista in una perpetua rivoluzione copernicana. Così facendo, gli accelerazionismi epistemici preservano le distinzioni cruciali tra pensiero ed essere, e quindi sono in grado di sostenere un'immagine razionalista del mondo e delle sue operazioni.
Come ha sostenuto Nick Srnicek, un punto di articolazione significativo tra accelerazione epistemica e politica è il potenziale per la trasformazione dell'economia. Qui, le conquiste epistemologiche si interfacciano direttamente con quelle tecnologiche, sociali e politiche. Srnicek sostiene che i modelli economici operano effettivamente come sistemi di navigazione per particolari infrastrutture sociali e ideologiche, e come tali possiamo distinguere tra quei modelli che forniscono orientamento e supporto strategico per l'attuale sistema capitalista, e quelli che potrebbero fornire risorse con cui potremmo navigare verso una futura società post-capitalista. In questo modo, «la critica della conoscenza ristretta è quindi parallela alla critica delle economie ristrette». In altre parole, nuovi modi di pensare l'economia possono avere effetti sensibili sul modo in cui operano le economie reali. L'ordine post-capitalista che l'accelerazionismo politico assume come obiettivo immediato dipende necessariamente dalla capacità di trasformare la disciplina dell'economia e il corpo di conoscenze che essa sostiene e rappresenta. La trasformazione dell'economia può essere vista come un elemento importante all'interno di un più ampio processo di transizione, con lo sviluppo di nuovi modelli e mappe cognitive del sistema esistente capaci di portare alla creazione di un'immagine speculativa del futuro sistema economico.
Al di là dell'accelerazionismo economico, l'accelerazionismo politico cerca di rivoluzionare la sinistra politica contemporanea. Ritenendo che il capitalismo ora vincoli le forze produttive della tecnologia, indirizzandole verso fini ristretti e spesso inutili, l'accelerazionismo come progetto politico propone di identificare le forze produttive latenti che devono essere scatenate contro il neoliberismo. Piuttosto che lavorare per distruggere l'attuale sistema capitalista, l'infrastruttura esistente è qui identificata come una piattaforma che richiede il riuso verso fini collettivi post-capitalisti. La tecnologia, da questo punto di vista, è schiava dei miopi scopi capitalistici, con la scommessa che le reali potenzialità di trasformazione di molta ricerca scientifica e tecnica rimangono inutilizzate. Questi preadattamenti possono diventare decisivi, ma solo l'azione sociopolitica è in grado di attivarli, il che significa che il cambiamento tecnologico da solo rimarrà del tutto insufficiente per alterare radicalmente il nostro mondo. Ciò a cui si dovrebbe mirare, come suggerisce questa tendenza, è un'egemonia sociotecnica, con l'obiettivo di riutilizzare le attuali piattaforme materiali di finanza, produzione, logistica e consumo verso fini post-capitalisti. Ciò che la politica accelerazionista propone è che solo un futuro più moderno - un futuro alternativo che il neoliberismo è intrinsecamente incapace di generare - sarà sufficiente a motivare una politica genuinamente trasformativa e coerente.

Un tale futuro sarà possibile solo a patto di trasformazioni significative nella sinistra radicale. Le attuali ossessioni della sinistra euro-americana per il localismo, l'azione diretta e la democrazia deliberativa sono inadatte alla mostruosità acefala che è oggi il capitale globale. Occorre quindi la costituzione di una Sinistra a suo agio con la globalità, la complessità, la mediazione, la quantificazione e la tecnologia, piuttosto che modalità di azione e organizzazione sentimentalizzate, ben più adatte a generare una sensazione affettiva come il "sentirsi bene nella pia sconfitta" piuttosto che a produrre un'azione efficace. La feticizzazione degli orizzonti localizzati della democrazia diretta deve essere sostituita da una concezione più sostanziale di autogestione collettiva (collective self-mastery), in cui più siamo in grado di sfruttare la nostra conoscenza del mondo sociale e tecnico, meglio saremo in grado di governarci efficacemente. Questa politica prometeica di massimo dominio (mastery) sulla società e sul suo ambiente sarà necessariamente di natura altamente sperimentale. Le più antiche forme di padronanza (mastery) più tradizionalmente associate al pensiero illuminista sottolineavano una conoscenza assoluta laplaciana, adatta a un universo newtoniano a orologeria. Oggi, la nostra conoscenza di sistemi complessi non banali significa che ogni tentativo di dominare il nostro mondo implica lo sviluppo di una modalità di azione maggiormente capace di metabolizzare la contingenza, in grado di utilizzare gli strumenti tecnici a propria disposizione per modellare la gamma di possibili esiti di fronte a qualsiasi intervento.
Infine, probabilmente solo un modello sociopolitico post-capitalista sarà in grado di lanciare un forte imperativo cosmista. I primi due terzi del ventesimo secolo hanno visto sorprendenti balzi in avanti nella tecnologia e nella coscienza politica e sociale, con l'era immediatamente successiva alla seconda guerra mondiale (fino al 1979 circa) che può essere considerata come l'apogeo del pensiero orientato al futuro nella cultura scientifica e popolare. Ma queste visioni futurologiche dell'intersezione rivoluzionaria tra sviluppo tecno-scientifico e trasformazione sociale, dopo l'avvento del neoliberismo, sono state rapidamente sostituite da un desiderio di retrofuturismo kitsch. Questa è la storia del modernismo e del primo postmodernismo che crollano in quella che potrebbe essere definita una cronomalattia generalizzata: una perdita del filo dell'Illuminismo tecno-sociale. Questo filo è incapsulato soprattutto nella perdita di spazio inteso come "ultima frontiera". A partire dagli anni '70, gli enormi programmi spaziali sovietici e americani sono crollati sotto lo sforzo della pressione politica e dei tagli di bilancio. La ripresa di un'esplorazione seria e continua dello spazio è forse la massima espressione di libertà immaginabile per le menti attuali, ciò che il teorico del design Benedict Singleton definisce il "massimo jailbreak".

È in questo contesto che possiamo delineare come potrebbe essere un'estetica accelerazionista: nei processi di navigazione concettuale epistemica, nei circuiti di feedback ideologici iperstizionali, nella progettazione di interfacce di controllo e come modello di azione in sistemi complessi.
Prima di tutto l'estetica epistemica. La concezione spazializzata della navigazione e della ramificazione degli spazi concettuali al centro della nozione di accelerazione epistemica di Negarestani ha una dimensione immediatamente estetica, un approccio altamente visualizzato, fondato sulla matematica della teoria del topos. Questa estetica matematica astratta del gesto, della navigazione, del limitropismo e della ricerca di percorsi devia la filosofia della matematica lontano da una base nella teoria degli insiemi e nella logica, e cerca invece un fondamento geometrico.
In secondo luogo, per quanto riguarda l'accelerazionismo politico, ciò che diventa cruciale è la capacità di una sinistra ricostituita di non operare semplicemente all'interno delle coordinate egemoniche del possibile stabilite dal nostro attuale assetto socioeconomico. Per fare ciò è necessaria la capacità di indirizzare desideri preesistenti e attualmente incipienti per il post-capitalismo verso visioni coerenti del futuro. Necessariamente, data la natura sperimentale di tale ricostituzione, gran parte del lavoro iniziale deve riguardare la composizione di potenti visioni in grado di riorientare il desiderio populista allontanandolo dal vicolo cieco libidico che cerca di identificare la modernità in quanto tale con il neoliberismo e le misure di modernizzazione come intrinsecamente sinonimo di neoliberalizzanti (ad esempio privatizzazione, commercializzazione e outsourcing). Tutto ciò per invocare l'idea, inizialmente coniata dalla Cybernetic Cultural Research Unit di Land, di iperstizioni-narrazioni in grado di realizzare la propria realtà attraverso il funzionamento di circuiti di feedback, generando nuovi attrattori sociopolitici. Questo è il lato estetico nel compito di costruzione di una nuova egemonia sociotecnica.

Terzo, abbiamo l'idea di un'estetica delle interfacce, delle sale di controllo e delle mappe cognitive. Qui, un aspetto importante per rendere plasmabile la realtà, e quindi per promuovere il progetto accelerazionista prevalente della massima autogestione collettiva (collective self-mastery), è la capacità di gestire e interagire efficacemente con i dati. In un mondo sempre più segnato dalla complessità, grandi quantità di dati rappresentano un problema tanto quanto una soluzione. L'estetica del design è quindi importante per poter rappresentare correttamente le interfacce che consentono agli agenti di interagire e manipolare efficacemente questi campi di dati. Per un esempio contemporaneo e fin troppo efficace basti pensare ai tipi di display heads-up utilizzati nella finanza contemporanea . La progettazione è fondamentale anche nella costruzione di sale di controllo e altre infrastrutture fisiche che consentano la direzione degli interventi in sistemi complessi. In questo caso un esempio-prototipo è il centro di controllo appositamente costruito per il progetto socialista cibernetico Cybersyn, nel Cile di Allende dei primi anni '70. Sia le interfacce che le sale di controllo incarnano l'estetica delle mappe cognitive, cartografie tecnicamente mediate del mondo presente che fungono da base a partire da cui pianificare l'azione.
Infine, abbiamo l'estetica dell'azione nei sistemi complessi. Ciò che deve essere combinato all'analisi e alla modellazione di sistemi complessi è una nuova forma di azione: improvvisativa e capace di eseguire un progetto attraverso una pratica che lavora con le contingenze che scopre solo nel corso del suo agire. Questo processo può essere meglio descritto attraverso il concetto greco antico di mêtis, una particolare modalità di astuzia artigianale. Marcel Detienne e Jean-Pierre Vernant definiscono mêtis, in contrasto con poesis o techne, come una «abilità con i materiali guidata da una sorta di astuta intelligenza». Questa è un tipo di stratagemma che funziona attraverso un'azione subdola e tempestiva, che mette in gioco le tendenze dinamiche dei materiali su cui lavora in modo improvvisato. La pratica metica comporta una complicità con la materia, un'astuta guida delle latenze contingenti (e inconoscibili a priori) rilevabili solo nel corso dell'azione. Ciò combacia con i vincoli epistemologici imposti dai sistemi complessi. I nostri modelli e simulazioni possono darci la capacità di mappare le potenziali conseguenze dell'azione, ma solo attraverso l'intervento scopriremo il peso preciso di ogni ciclo di feedback e di ogni processo di rinforzo. Mêtis ci offre quindi un percorso verso una nuova forma di prassi, una politica di arte geosociale e astuta razionalità.