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Art0021
T 7'
Parassitismo rivoluzionario e neo-comuni
Ecco l’apocalisse: catastrofe climatica, incendi, pandemie, disuguaglianze così forti da essere ridicole, ultraricchi nello spazio, stato di polizia, sorveglianza ipersofisticata, controllo dei comportamenti, drone strikes, boomer, patriarcato, oligarchia globale, depressione generalizzata, atomizzazione, quantificazione economica di ogni aspetto del reale, imperialismo fascista, crollo della democrazia, sensazione di totale impotenza, corruzione come elemento fondante del governo, sfruttamento dei lavoratori e dell’ambiente per alimentare l’autodistruzione capitalista, razzismo, crisi migratorie causate dall’Occidente, cancellazione del futuro, totalitarismo ideologico neoliberale, crisi economica come modello economico per eccellenza... .. . .
Ecco la speranza: la vera natura della società capitalista è sempre più sotto gli occhi di tutt*, percezione di vivere all’interno di un sistema marcio, decadente e sul punto di morire, presa di coscienza di massa a livello globale, esplosione di rivolte contro lo stato delle cose in tutto il mondo, moltiplicazione di network globali di resistenza, antagonismo al sistema delle nuove generazioni nate e cresciute in situazioni di crisi globale, hacking, pirateria, sviluppo nel senso comune di sensibilità sui temi di lotta LGBTQIA+, ambientale, animalista, anticapitalista, odio per il lavoro, movimento open source….
Il sistema capitalista è così totalizzante e pervasivo da sembrare inattaccabile da qualsiasi punto di vista. Ha dimostrato storicamente una resilienza incredibile e può fare affidamento sul sistema repressivo più tecnologicamente sofisticato di sempre. E allora perché sembra esserci la percezione condivisa che il sistema sia perennemente sul punto di implodere? che un qualsiasi evento nel posto giusto al momento giusto possa provocare un effetto a catena che faccia crollare rovinosamente l’intera baracca? Pensare che la raccolta di gigantesche quantità di dati e lo sviluppo di qualche algoritmo renda possibile controllare e prevedere (o meglio condizionare) l’andamento di ogni aspetto della società (in una parola, di “governare”), significa sottostimare in maniera imbarazzante i livelli di complessità raggiunti dal mondo contemporaneo. La possibilità di connetterci tra di noi simultaneamente e oltre i confini dello spazio materiale è il fertilizzante acido che accelera l’espansione del rizoma delle variabili in gioco. Questa esplosione è contenuta a stento dal potere dei sistemi di filtraggio che si pongono come intermediari tra queste connessioni attraverso il capitalismo delle piattaforme. Questa completa e totale imprevedibilità è il più grande incubo della classe dominante, che infatti cerca in ogni modo di celarla attraverso una propaganda ideologica volta alla cancellazione del futuro stesso. Ma per noi rivoluzionar* rappresenta quella luce di speranza in grado di riaprire, anzi, di sfondare la finestra sull’avvenire. L’unica prassi sensata in questo contesto è attaccare il Sistema con ogni mezzo possibile, ma sempre mantenendo ben presente una cosa: non stiamo lottando per cambiare, migliorare o “riformare”; stiamo vivendo per costruire un nuovo modo di vivere collettivamente e l’unico ruolo del Sistema attuale deve essere quello di concime. Questo non vuol dire un (impossibile) taglio netto con qualsiasi rapporto con le entità gerarchiche che totalizzano la nostra esperienza quotidiana. Significa invece un cambio di prospettiva: ogni (rivendic)azione deve essere funzionale - in maniera sia diretta che indiretta - all’alimentazione dell’autonomia e della maturazione del nuovo mondo. Vogliamo un reddito universale? Bene, utilizziamo il tempo liberato e le risorse economiche per costruire le basi materiali per la nostra autonomia. Lo stesso vale per la riduzione dell’orario di lavoro e il potenziamento dei servizi di base universali.
Il nuovo mondo deve emergere da quello vecchio come uno xenomorfo che squarcia il petto del suo ospite. Dobbiamo essere noi i PARASSITI e sfruttare in ogni modo possibile il sistema attuale per nutrire l’embrione del comunismo futuro. Più cresceremo più il Sistema si indebolirà, più il Sistema si indebolirà e più cresceremo. E’ ormai chiaro che l’esistenza spazi “esterni” al capitalismo è solo un’illusione in quanto la sua natura stessa è l’espansione infinita: l’unico modo per creare una spazio autonomo è divorarlo dall’interno. La nostra colonia parassitaria deve cercare nutrimento in qualsiasi forma possibile, sia essa legale, paralegale o illegale. Il parassitismo rivoluzionario è una forma mentis: vuol dire aggirare la burocrazia per ottenere il reddito di cittadinanza o la disoccupazione; fare il minimo in dispensabile a lavoro e cazzeggiare il resto del giorno; piratare media digitali; sfruttare delle falle nelle promozioni delle piattaforme di delivery e ordinare cibo gratis ecc... Insomma tutte le cose di cui dovremmo vergognarci dovranno diventare motivo di orgoglio e l’etica deve essere quella del mondo che vogliamo partorire: mai a discapito di chi è più debole, solo dei potenti e dell’oppressione stessa. Questo punto è centrale. La prospettiva del parassitismo non deve essere individualista ma collettiva, queste pratiche, se attuate a livello individuale, sono poco più che gesti simbolici, ma se invece vengono intraprese sistematicamente da comunità organizzate di persone possono diventare uno strumento politico straordinario.
In questo contesto può essere molto interessante il rilancio del concetto di comune, come intesa dal Comitato Invisibile e da altr* pensator* nell’ambito dei commons e del postcapitalismo. Le comuni del XXI secolo dovranno essere costruite e vissute nelle intercapedini della società sfruttando le nuove tecnologie per avvalersi di reti internazionali di mutuo aiuto, saranno entità nomadi e multiformi, la forma primordiale di una nuova organizzazione sociale. Il modello di riferimento è quello del “cosmolocalismo” che vede la condivisione delle conoscenze e del know-how a livello globale come il pilastro su cui si appoggiano tutte le comuni territoriali. Queste neo-comuni si definiranno nello sfumarsi della linea di demarcazione che separa comunità locali da community virtuali. Ciò che va accelerata ed esasperata è la moltiplicazione della continua formazione (e scioglimento) di gruppi di persone intorno a singole necessità e/o desideri. Anzi, il punto di arrivo deve essere un mondo dove necessità e desiderio saranno un’unica cosa, dove per ogni desiderio nascerà spontaneamente una comune per soddisfarlo. Il singolo individuo quindi non sarà membro di una “sua” comunità ma prenderà parte alla moltitudine di esse contemporaneamente.
Insomma, nel comunismo futuro le comuni andranno a assumere il ruolo in questo momento ricoperto in maniera fallimentare dagli stati e dalle aziende, in un sistema di solidarietà collettiva e di sistemi di collaborazione talmente complessi ed efficaci che i concetti di denaro, competizione, gerarchia, controllo e oppressione appariranno nel senso comune alla stregua di come oggi viene considerata la schiavitù, la tortura, la guerra, in quanto sono alla fine solo diverse configurazioni di quell’unica mentalità patriarcale.