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13-ottobre-2025
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Il programma del Partito Capibara


Il capitalismo è una prigione cognitiva.

Ci ha indotto a credere che la sua logica sia inevitabile: che il lavoro sia una necessità, che la scarsità sia naturale, che il benessere diffuso sia un’utopia irrealizzabile. Eppure, mai come oggi, questa narrazione si scontra con un’evidenza schiacciante: l’umanità dispone di risorse e tecnologie sufficienti a garantire a tutt3 una vita libera dall’ansia della sopravvivenza.


Negli ultimi cinquant’anni, il progresso scientifico e tecnologico ha raggiunto traguardi che sfidano ogni precedente storico: abbiamo esplorato lo spazio, costruito macchine in grado di autoreplicarsi su Marte, interconnesso il pianeta attraverso Internet, automatizzato interi settori produttivi e sviluppato intelligenze artificiali in grado di sostituire (e superare) il lavoro umano in innumerevoli ambiti. Eppure, nonostante questa accelerazione senza precedenti, la settimana lavorativa ufficiale rimane ancorata a 40 ore in una manciata di Paesi—quando non raggiunge le 48 nel resto del mondo.

Perché?


La risposta risiede in un paradosso strutturale del capitalismo, magistralmente sintetizzato da Steven Shaviro nel suo Parassiti nel corpo del capitale:

"Il capitalismo deve trasformare la ricchezza in scarsità, poiché non può sopportare la sua stessa abbondanza. Come affermano Marx ed Engels nel Manifesto, sotto il capitalismo «scoppia un’epidemia che in ogni altra epoca sarebbe apparsa come un’assurdità: l’epidemia della sovrapproduzione». La verità è che la ricchezza che il capitalismo produce minaccia la scarsità che costituisce la sua raison d’être. Infatti, una volta superata la scarsità, non rimane più nulla che induca alla competizione."- Steven Shaviro

È questo il cuore del meccanismo ideologico che Mark Fisher ha battezzato "realismo capitalista" — l’assunto secondo cui non esisterebbe alcuna alternativa praticabile al sistema vigente. Se oggi, nonostante l’automazione avanzata e l’esplosione della produttività, continuiamo a lavorare 40 o 48 ore a settimana, non è perché sia necessario, ma perché il capitalismo deve mantenere in vita il suo mito fondativo: la scarsità.

Senza di essa, crolla l’intera architettura del dominio.
Se l’abbondanza fosse distribuita, chi accetterebbe di vendere il proprio tempo per sopravvivere? Chi si piegherebbe al ricatto del lavoro salariato, se i bisogni fondamentali fossero garantiti a tutte? La scarsità artificiale non è un incidente: è il pilastro invisibile che regge il sistema.

Il Partito Capibara nasce per sfidare questa menzogna. Il nostro progetto politico non è un’utopia: è una pianificazione tecnica dettagliata di una società postlavorista, in cui i frutti del progresso scientifico siano finalmente messi al servizio del bene comune. Ciò che proponiamo è ciò che Fisher chiamava "realismo comunista" — la dimostrazione analitica che un comunismo di lusso è già possibile oggi, a patto di rompere l’incantesimo che ci costringe a credere nel dogma della produttività infinita.

Non si tratta di immaginare un futuro lontano, ma di reclamare un presente negato. Se le macchine possono lavorare per noi, perché dovremmo farlo noi per 40 ore a settimana? Se l’automazione può produrre ricchezza in abbondanza, perché questa non viene redistribuita?

Il nostro programma non è una fantasia: è un piano concreto, sostenuto da dati, analisi di scenario e dimostrazioni analitiche sul piano della contabilità nazionale. Parte da un nocciolo fondamentale di tre grandi rivendicazioni, che costituiscono altrettanti pilastri di riforma strutturale: la riduzione radicale dell'orario di lavoro, la gratuità universale dei bisogni fondamentali e l'istituzione di un reddito di base incondizionato e universale. Tre rivoluzioni gemelle che, intrecciandosi, disegnano l'architettura di una società finalmente libera dal ricatto del lavoro, dispiegando la potenza delle nostre forze produttive.

1. La Riduzione della Settimana Lavorativa:


Nell’epoca in cui l’intelligenza artificiale scrive codici, i robot costruiscono habitat su Marte e l’automazione industriale raggiunge il 92% di autonomia (McKinsey, 2023), persistere in una settimana lavorativa di 40-48 ore non è anacronistico: è un deliberato atto di violenza sociale. Il Partito Capibara sfida questa illogicità con una proposta duplice:

  • 24 ore settimanali (4 giorni × 6 ore)
  • Salario minimo netto: 15€/ora → 1.560€/mese (ancorato all’inflazione)

L'analisi del sistema tributario contemporaneo rivela una contraddizione stridente, un vero e proprio cortocircuito logico che mina alla base qualsiasi tentativo di riforma progressista del mondo del lavoro. Il progetto di riduzione dell'orario lavorativo, infatti, si scontra con un apparato fiscale costruito per tutelare i privilegi della rendita a scapito del lavoro vivo.

Osserviamo i dati con sgomento: mentre i redditi da capitale - quei flussi finanziari che scorrono indisturbati tra conti offshore e paradisi fiscali - beneficiano di aliquote scandalosamente basse (10-15%), l3 lavorator3 vedono il frutto della loro fatica quotidiana eroso da una serie impressionante di prelievi: l’IRPEF con la sua progressività, i contributi INPS che sfiorano il 30-40%, cui si aggiungono il peso dell'INAIL e le addizionali locali, creando una pressione tributaria complessiva che per la classe lavoratrice si attesta attorno al 50%.

Il risultato è un sistema perverso in cui garantire un salario netto di 15€ all'ora comporterebbe, con le attuali regole tributarie, un costo lordo per le aziende di 32€ - un aumento del 113%, con spiacevoli conseguenze sul mercato del lavoro italiano. Ecco perché la nostra proposta di riforma del lavoro equivale ad una riforma fiscale sistemica e strutturata, che costituisce il prerequisito indispensabile per realizzare una settimana lavorativa di 24 ore a € 1.560 al mese.

Il Partito Capibara propone una rivoluzione fiscale articolata su quattro pilastri fondamentali:

  1. L'istituzione di una No Tax Area fino a 20.280€ annui (1.560€ al mese per 13 mensilità), garantendo così che i primi 15€ orari siano completamente esentasse. Questo significa che per milioni di lavorator3, il salario minimo diventerebbe interamente netto.
  2.  
  3. La completa riorganizzazione della tassazione sui redditi, con l'abolizione delle imposte regressive che oggi strangolano l3 lavorat3 e l'introduzione di una nuova IRPEF universale veramente progressiva sui redditi, in particolare i redditi da capitale.
  4.  
  5. L'introduzione di un'imposta patrimoniale del 100% sulla ricchezza personale oltre i 6,66 milioni di euro: un vero e proprio tetto massimo all’accumulazione della ricchezza.
  6.  
  7. Il finanziamento del servizio previdenziale attraverso la fiscalità generale, rompendo il circolo vizioso che oggi grava esclusivamente sulle spalle dell3 lavorator3 attiv3.


Rendendo i 15€ orari sia lordi che netti, si ottiene un duplice risultato. Da un lato, l3 lavorator3 vedono raddoppiare di fatto il potere d'acquisto del loro reddito orario. Dall'altro, le aziende non subiscono aumenti del costo del lavoro, perché il differenziale viene colmato dalla riforma delle aliquote sui redditi da lavoro e da capitale. Questo trasferimento di onere tributario dai ceti poveri ai ceti ricchi innescherà un circolo virtuoso: i redditi bassi, quelli con la maggiore propensione al consumo, riverseranno immediatamente queste risorse aggiuntive nell'economia, alimentando domanda di beni e servizi. La conseguenza è un grande boom economico di classica matrice keynesiana.

Questa non è semplicemente una riforma tecnica: è una rivoluzione nel modo di concepire il rapporto tra lavoro, capitale e fisco. Solo smantellando l'attuale architettura di classe del sistema tributario potremo creare le condizioni per una vera emancipazione dell3 lavorator3 e per quella società post-lavorista che rappresenta il nostro orizzonte politico.

Perché funziona? Perché rivendichiamo l'abbondanza rubata

Viviamo nella società più ricca della storia umana, un mondo di straordinaria opulenza tecnologica dove l'automazione e l'intelligenza artificiale hanno reso obsoleta la schiavitù del lavoro full-time. Eppure continuiamo a vivere come operai dell'800. La verità scomoda è che avremmo potuto - e dovuto - realizzare la settimana lavorativa di 24 ore già negli anni '70, quando la produttività aveva già superato di gran lunga i bisogni fondamentali della popolazione.

Il Partito Capibara porta al centro del suo programma questa semplice verità: non abbiamo bisogno di produrre di più, ma di distribuire meglio.
 

2. La Gratuità dei Sei Bisogni Primari Comuni:


Nel cuore della società capitalista, la vita è un abbonamento: si paga per respirare, per mangiare, per imparare, per curarsi, per muoversi, per avere un tetto. Ogni bisogno primario è diventato una merce, ogni diritto una spesa ricorrente. Ma se oggi esistono tecnologie e risorse per garantire gratuitamente l’accesso a ciò che ci serve per vivere dignitosamente, allora continuare a monetizzare i bisogni è una scelta politica. E come ogni scelta politica, può – e deve – essere rovesciata.

L’umanità vive oggi nell’abbondanza più sconfinata della sua storia. In Italia ci sono 64 milioni di immobili registrati, a fronte di poco più di 59 milioni di abitanti. Di questi, oltre 10 milioni risultano sfitti: vuoti, inutilizzati, spesso tenuti artificialmente fuori dal mercato per sostenere i prezzi e alimentare la rendita. In altre parole: c’è più spazio che persone, più case che abitanti. La narrazione della “crisi abitativa” è una farsa. È il frutto di un’architettura del potere costruita per privatizzare il diritto all’abitare e trasformarlo in fonte di profitto. Il Partito Capibara rivendica il principio opposto: la casa è un diritto universale, e come tale dev’essere gratuita per tutt3.

Le utenze domestiche – luce, gas, acqua e connessione internet – sono oggi garantite da un’abbondanza di energia rinnovabile praticamente infinita, resa possibile dall’innovazione tecnologica. Le fonti come il sole, il vento e l’acqua generano una quantità di energia ben al di sopra del fabbisogno quotidiano, e le tecnologie oggi a disposizione ci consentono di gestirle in modo efficiente e automatizzato. Con queste risorse a disposizione, non esiste più alcuna ragione tecnica o economica per continuare a far pagare alle persone le bollette. L'energia domestica è sufficiente per tutt3, eppure continuiamo a dover sostenere costi per qualcosa che, oggi, potrebbe essere fornito gratuitamente. Questo paradosso nasce dal fatto che il mercato delle utilities è stato finanziarizzato e trasformato in un settore speculativo, dove il profitto prevale su ciò che dovrebbe essere un diritto fondamentale, oltre ad essere sottoposto alle esigenze di un capitalismo che succhia energia per produrre cose inutili.

Il cibo, poi, è l’emblema dell’assurdo. Ogni anno l’industria agroalimentare mondiale produce abbastanza da sfamare 80 miliardi di animali da allevamento, oltre agli umani, utilizzando il 70% delle terre coltivabili. Se l’obiettivo fosse nutrire l’umanità, avremmo già oggi risorse sufficienti per garantire alimentazione gratuita, vegetale, sostenibile e sana a ogni essere umano sul pianeta. Eppure milioni di persone restano escluse da un’alimentazione dignitosa perché, ancora una volta, il cibo è merce prima che nutrimento, profitto prima che diritto.

Stesso discorso per la mobilità: l’essere umano ha inventato lo spostamento su rotaia più di 150 anni fa. Oggi, possiamo costruire una rete pubblica, capillare, gratuita e automatizzata che colleghi ogni punto del Paese e dell'Europa, rendendo l’auto privata obsoleta e liberando milioni di persone dalla prigione del pendolarismo forzato e dei costi di trasporto. Ma l’ideologia del possesso individuale e l’ingegneria del traffico continuano a generare congestione, inquinamento, dipendenza da combustibili fossili. Gratuità, qui, significa efficienza, sostenibilità, giustizia.

Il diritto alla salute, invece, viene quotidianamente ridimensionato da ticket, liste d’attesa, privatizzazioni silenziose e farmaci esclusivi. Eppure, nulla ci impedisce di realizzare il più ambizioso progetto di servizio sanitario della storia: un servizio pubblico interamente sostenuto dalla fiscalità generale, fondato sulla prevenzione, sull’educazione sanitaria e sulla gratuità universale, dai farmaci all’otticə, dal dentista alle terapie avanzate. La tecnologia medica attuale, unita a una pianificazione pubblica coraggiosa, può eliminare completamente il costo personale della cura, restituendo alla salute il suo valore più puro: un bene comune.

Infine, l’istruzione. Ogni costo che grava su di essa – libri, iscrizioni, corsi, tasse universitarie – è una barriera sociale camuffata da burocrazia. È il modo con cui il capitale seleziona chi può e chi non può accedere agli strumenti dell’autodeterminazione. Ma l’educazione è il motore stesso dell’emancipazione: il sapere non è un privilegio, è un diritto. Possiamo abolire ogni forma di pagamento legata alla cultura, restituendo alla scuola e all’università — così come ai teatri, ai musei e ai cinema — la loro vera natura pubblica, aperta e gratuita.

Ecco, allora, i sei bisogni primari universali che il Partito Capibara intende rendere gratuiti e incondizionati:

  • Casa
  • Utenze
  • Cibo
  • Trasporti
  • Sanità
  • Istruzione

Se questi sei costi rappresentano oggi le catene che ci legano al lavoro salariato, la loro abolizione equivale a spezzare il ricatto della sopravvivenza. L’essere umano, diceva Maslow, è un organismo complesso, i cui bisogni si dispiegano lungo una scala che va dalla fisiologia all’autorealizzazione. Liberare i bisogni fondamentali significa liberare il tempo, la mente, la vita. Significa affermare che nessunə deve lavorare per guadagnarsi il diritto di vivere.

Questa è la vera funzione della gratuità: disattivare il dominio.

Nel mondo che vogliamo costruire, la gratuità non sarà un’eccezione caritatevole ma la regola fondamentale della convivenza sociale. Williams e Srnicek hanno suggerito il concetto di “ideale trascendente”: «mai soddisfatto da qualsiasi incarnazione particolare ma sempre teso al proprio miglioramento», e che «come tale contiene l’impulso concettuale di disfarsi dei propri limiti». La gratuità come principio egemonico in espansione, come universale in grado di estendersi ad ogni angolo della società fino a spazzare via il capitalismo: l’idea per cui i nostri bisogni comuni debbano essere garantiti gratuitamente. Non c’è lusso più radicale di una vita liberata dal prezzo. E sarà proprio questo lusso comunista – questa nuova idea di ricchezza come godimento e non come accumulo – a fondare il nostro welfare post-capitalista. Sei bisogni, sei riforme, sei grandi progettazioni, una sola rivoluzione: rendere la vita gratuita.
 

3. Il Reddito di Base Universale e Incondizionato:

"Il reddito universale non è una riforma, è un atto di sabotaggio economico. È l’assalto finale alla fortezza del lavoro salariato."- Alex Williams

Il capitalismo ha un tallone d’Achille: non può sopravvivere senza la coercizione del bisogno. È per questo che il Reddito di Base Universale e Incondizionato (RBU) rappresenta l’arma più radicale mai concepita contro di esso. Non è un palliativo socialdemocratico, ma un cavallo di Troia monetario, un dispositivo accelerazionista che trasforma lo strumento stesso del dominio capitalista—la moneta—nel grimaldello per scardinarlo.

L’Automazione è già Comunismo (ma ce lo nascondono)

Viviamo in un'epoca in cui macchine antropomorfe sono ormai capaci di assemblare veicoli, movimentare carichi industriali e preparare pasti completi senza alcun intervento umano. Intelligenze artificiali avanzate generano contenuti complessi - dalla scrittura di codici software alla creazione di opere artistiche originali, fino alla formulazione di operazioni chirurgiche con un'accuratezza che supera spesso quella dei migliori specialisti.

Nella logistica, velivoli autonomi effettuano consegne a domicilio senza necessità di piloti o corrieri, mentre sofisticati sistemi algoritmici potrebbero già oggi ottimizzare la distribuzione delle risorse su scala globale, eliminando artificialmente ogni forma di spreco e carenza.

Persino nel settore primario, l'agricoltura è stata rivoluzionata da macchinari autonomi in grado di arare campi, seminare, irrigare e raccogliere prodotti con precisione millimetrica, affiancati da strutture di coltivazione verticale completamente automatizzate che producono derrate alimentari con un fabbisogno di manodopera prossimo allo zero.

Questa rivoluzione tecnologica non è futurismo: è la realtà concreta del presente. Eppure, anziché tradursi in emancipazione collettiva, questa abbondanza viene sistematicamente convertita in strumento di controllo e precarizzazione. Perché? Perché il capitale deve mantenere la scarsità. Il RBU è la risposta a questa follia: se le macchine producono ricchezza, quella ricchezza deve essere socializzata.

Come scrive Philippe Van Parijs in Real Freedom for All:

"Il reddito universale non è compensazione per essere esclusi dal lavoro, ma riconoscimento del fatto che la ricchezza è già un prodotto collettivo. È il diritto di ogni essere umano a una quota della rendita tecnologica generata dall’eredità comune del progresso."- Philippe Van Parijs

La Moneta come Arma di Distruzione del Capitale

L’accelerazionismo non sogna l’abolizione del significante denaro, ma del suo significato. Non si tratta di cancellare materialmente le banconote o i bit sui conti correnti, ma di svuotarne la funzione coercitiva, di farne sgretolare il ruolo di strumento di sopravvivenza. Perché, in un comunismo di lusso dove i sei bisogni primari sono gratuiti e il reddito universale raggiunge i 2.000€ mensili, che valore ha davvero la moneta?

Non più un ricatto, non più un’ossessione, non più il metro del valore umano. Diventa puro mezzo di scambio volontario: la cristallizzazione di un desiderio, non di un bisogno. Il RBU opera questa inversione alchemica: 500€ iniziali, riconosciuti a tutt3 senza condizioni, sono il primo passo verso la trasformazione del denaro da dio a servo. Il valore del reddito crescerà al crescere dell’automazione, perché è la nostra quota della rendita tecnologica collettiva, il dividendo di un’eredità comune che il capitale ha cercato di privatizzare.

Marx aveva visto lontano:

"Il regno della libertà inizia solo dove cessa il lavoro dettato dalla necessità"- Karl Marx

Oggi, con robot e IA, quel regno è tecnicamente possibile. Ma il capitale lo sabota, perché la sua egemonia si fonda sulla miseria artificiale. Il RBU è il gesto concreto per strappare l’abbondanza già prodotta dalle macchine e renderla bene comune. Non è utopia: è un calcolo. Se l’automazione può sostituire il 92% del lavoro umano, allora il 92% della ricchezza va redistribuito.

Il Partito Capibara non chiede elemosina. Rivendica il saccheggio organizzato dell’eredità tecnologica.

I 500€ sono solo l’inizio
. La posta in gioco è più alta: dimostrare che il denaro, privato del suo potere di ricatto, è solo un residuo archeologico di un’epoca morente. Quando il RBU raggiungerà i 2.000€, la moneta sarà già morta. Sarà solo un gioco, un linguaggio superfluo in un mondo dove tutto è gratuito e il lavoro obbligatorio è un ricordo.

"Il capitale ha creato, suo malgrado, le condizioni per la sua abolizione. Il reddito universale è il certificato di morte che firmeremo collettivamente."- Hydrochaeris Xen

 

Conclusione: L'Offensiva dell'Abbondanza

Settimana lavorativa di 24 ore a 1.560€ netti. Gratuità universale di casa, utenze, cibo, trasporti, sanità e istruzione. Reddito di base incondizionato di 500€, destinato a crescere con l’automazione.

Non sono concessioni. Sono l’avvento dell’era postlavorista.

Perché la posta in gioco è chiara: il capitalismo sopravvive solo fingendo che la scarsità sia inevitabile, mentre l’abbondanza—reale, tangibile, già esistente—gli esplode tra le mani. Noi non ci limitiamo a denunciare l’inganno. Lo iniettiamo nelle menti di tutt3, trasformandolo in programma di governo.

Ecco perché ci candidiamo al governo di questo Paese: per scatenare la ricchezza repressa. Per riconoscere collettivamente che le 40 ore sono un inferno, che i bisogni a pagamento sono un furto, che il lavoro salariato è un’anomalia storica.

Il comunismo di lusso non è un sogno. È un programma di governo.

Le macchine già lavorano per noi. La ricchezza è qui. La libertà è solo sequestrata.

Noi veniamo a riprenderci tutto.

Partito Capibara
 

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