Immagina una società dove casa, bollette, trasporti, cibo, sanità e istruzione sono gratuiti. Dove la settimana lavorativa è dimezzata e un reddito universale ti permette di vivere senza ansia. Dove il tempo libero non è un privilegio, ma la norma. E dove, in ogni quartiere, ci sono terme pubbliche per chillare come fanno i capibara nelle pozze d’acqua.
Sembra un’utopia? Forse. Ma se il populismo di destra può vincere con meme, motoseghe e wrestler, perché non possiamo farlo anche noi con un programma che appare, a tutti gli effetti,
una supercazzola?
Ecco il piano del Partito Capibara.
Il Partito Capibara non è un partito normale. È un meme politico, un’iperstizione, un esperimento per iniettare nel dibattito pubblico l’idea che un’altra società è possibile.
Il nostro messaggio è semplice: viviamo già nell’abbondanza. Abbiamo le risorse per garantire a tuttɜ una vita libera, ma sono concentrate nelle mani di pochi. La tecnologia potrebbe liberarci dal lavoro superfluo, eppure siamo ancora incatenatɜ alla logica del dover lavorare come se fosse un destino biologico.
Noi proponiamo una rivoluzione dello stile di vita: la "mammiferanza". Dormire 10 ore a notte, giocare, mangiare, fare pisolini, stare insieme, coccolarsi, fare l’amore, senza fretta. Siamo mammiferi, non macchine. Eppure ci hanno convinto che la sofferenza e la produttività infinita siano l’unica via.
Il Partito Capibara è un’arma memetica per alterare le coscienze. Il nostro vero obiettivo non è vincere le elezioni, ma triggerare l’immaginario collettivo, mostrando che un mondo diverso non è solo possibile, ma alla nostra portata.
C’è però un problema: i partiti tradiscono sempre. Sono istituzioni sedentarie, burocratiche, gerarchiche, strutture morte. Nel linguaggio della filosofia deleuziana, sono territorializzazioni rigide che codificano il libero fluire dei processi che le attraversano. Invece di essere canali per lo sviluppo dei flussi libidinali, finiscono per soffocarli. E così i partiti si assopiscono in automatismi meccanici che li allontanano dalla rivoluzione. Da un certo punto di vista, i partiti appaiono come intrinsecamente gerarchici. L’unico modo per concepire un partito capibara è dunque imputandolo a processo davanti al Giudice dell’Anarchia, l’unico tribunale che conta.
Può esservi un partito anarchico? È un quesito folle quello che ci poniamo. Dovrebbe prima di tutto essere un partito nomade, temporaneo, destinato a dissolversi. Una struttura programmata per morire nell’esatto momento in cui entra in parlamento. La temporeaneità del Partito Capibara disinnesca il rischio che la struttura possa trasformarsi in un mostro burocratico interessato solamente a perpetuare la propria esistenza.
Come immaginarlo dunque? Come un’aggregazione libidinale lanciata in una gigantesca operazione di propaganda profetica.
La nostra missione è la seguente:
Raccogliere 120.000 firme per presentarci alle elezioni.
Sfruttare la piattaforma elettorale come un megafono profetico per rivelare al mondo che viviamo nell’abbondanza.
Porre fine al partito capibara.
Non ci interessa governare (per adesso). Vogliamo diffondere un’iperstizione, ovvero un’idea sufficientemente forte da trasformarsi in realtà. Del resto, è questa la rivoluzione: la presa di coscienza collettiva. Come ha affermato Mark Fisher nella Conversazione sul Comunismo di Lusso, la coscienza di classe consiste in un meccanismo iperstizionale, un processo di autosuggestione e autocredenza collettiva che innesca una serie di conseguenze che portano alla trasformazione della realtà. Da questo punto di vista, la nostra è una militanza di tipo profetico: la nostra missione è propagandare l’utopia ovunque, rivelando l’abbondanza che è intorno a noi e annunciando la venuta del comunismo di lusso.
Non candideremo noi stessx. Non entreremo noi in Parlamento. Letteralmente nessunx di noi sarà assegnatarix di alcun seggio parlamentare. Metteremo in lista chi è statx spezzatx dallo Stato.
Il riferimento originario di questa concettualizzazione è una famosa poesia e canzone anarchica: Il Galeone. Un testo che parla di «una ciurma di schiavi anemica», costretta a morire lentamente tra le catene di una nave. Schiavi tutto il giorno «chini a gemer sul remo», che lavorano incessantemente spingendo avanti la nave con la forza delle loro braccia. È una poesia straordinaria che guarda negli occhi e chiede: «cos’è, gementi schiavi, questo remar remare?» Per quale motivo spendiamo tutte le nostre esistenze a lavorare in catene? «Meglio morire!… sul biancheggiare del mare». E allora «remiamo finché la nave si schianti sui frangenti / Alte le rosso-nere al sibilar dei venti». Il gesto di tanti e tante compagne che di fronte alle catene hanno scelto di dare tutte se stesse, sacrificandosi per la causa di un mondo libero, è il gesto di chi rema anche al costo di schiantarsi, anche al costo di affrontare il carcere, o peggio la pena di morte, pur di portare avanti la speranza concreta di una società libera.
Luigi Mangione, italiano in catene oltreoceano, è sottoposto oggi al processo che deciderà se decretare la sua pena di morte. Alfredo Cospito, sepolto vivo dal 41-bis, è condannato ad un ergastolo di tortura quotidiana. Insieme a loro, tanti compagni e compagne vivono in condizioni disumane nelle carceri italiane: inferni in terra pensati per spingere le persone al suicidio. Noi lɜ faremo eleggere per poi svuotare le loro celle.
Non è un gesto simbolico. È un assalto.
Trasformeremo l'aula parlamentare in un campo di battaglia. Ogni loro parola sarà un atto d'accusa: contro i CPR, contro le torture e i pestaggi in cella, contro l’intero sistema carcerario. Non verranno a legiferare, né esisterà più alcun Partito Capibara non appena saranno entratɜ in parlamento. Lo scandalo mediatico di una lista elettorale composta interamente da carceratɜ ci permetterà di portare all’attenzione del Paese la rivendicazione dell’abolizione del carcere.
Abolire il carcere è un sogno che porta necessariamente in se stesso la trasformazione radicale della società nel suo intero. E il mondo che realizzeremo sarà una grande anarchia della cura in cui non vi sarà più alcun carcere, così come non ve ne sarà più necessità.
Da un certo punto di vista, la nostra è una specie di grande “operazione Salis”: se bisogna pur utilizzare il partito, usiamolo per liberare lx nostrx compagnx dal carcere!
Senza dimenticare che tutto ciò ci fornisce finalmente di una strategia d’attacco.
Ecco la domanda: sei dispostə a diventare unə profetə del comunismo di lusso?
Immagina banchetti con peluche capibara, cappellini buffi, discorsi surreali che rivelano alle persone: "Guarda, viviamo già nella piena automazione, potremmo avere tutto gratis, ma ci fanno credere che sia impossibile."
Sarà un grande gioco, un’attività divertente e sovversiva. Faremo rituali magici pubblici, performance situazioniste, perché la rivoluzione è prima di tutto un atto di immaginazione.
Se il situazionismo ha innescato il ’68, allora noi abbiamo l’ambizione di infiammare tutto il secolo.
È chiaro che fondare un partito è un’idea folle. Ma il mondo sta bruciando, il capitalismo ci sta divorando, e l’unica alternativa che ci propongono è tra un po’ meno miseria e un po’ più fascismo.
Noi scegliamo la terza via: l’esagerazione, il meme, la gioia rivoluzionaria.
Vuoi unirti a noi? Abbiamo l’entusiasmo e la certezza che un altro mondo non solo è possibile, ma è già qui, in attesa di essere liberato.
Il Partito Capibara ti aspetta.
(Dormiremo dopo la rivoluzione.) 🦝💤